Fonte immagine: Anna Vertua Gentile, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", online: Wikipedia.
Anna Vertua Gentile è una delle scrittrici più popolari fra Otto e Novecento in Italia. Nasce nel 1845 a Dongo, insegna presso vari istituti ed è un personaggio spesso contraddittorio nel modo di parlare alle giovani fanciulle. L’abbondante produzione letteraria è dedicata soprattutto alla pedagogia delle nuove generazioni(*1). Anna Vertua ritiene che le giovani ragazze debbano ricevere un’educazione particolare, diversa da quella dei maschi, a causa dell’indole più mite della donna e del suo ruolo in famiglia e in società(*2)
.Dopo il matrimonio, i coniugi Gentile si trasferiscono a Milano, e lì la scrittrice sa cogliere le tendenze editoriali del momento, che si aprono al mercato della scuola e dell’istruzione. All’epoca le bambine non possono leggere i romanzi di avventure “per ragioni di decenza”; perciò si afferma un tipo di romanzo di formazione particolare che Anna Vertua pratica con entusiasmo. Dopotutto siamo negli stessi anni di Cuore (1886) di Edmondo de Amicis, e Pinocchio (1883) di Collodi: i romanzi di formazione per giovani fanciulli più famosi di sempre in Italia. Anna Vertua pare la figlia di un ideale matrimonio tra De Amicis e Louise M. Alcott, perché offre gli stessi valori di Cuore, ma declinati al femminile(*3).
Anna Vertua Gentile non è certo una femminista ante-litteram, anche se avvicina alcune attiviste con simpatia. Resta una moderata che lancia qualche timido invito all’emancipazione, sia nei romanzi d’amore sia nella serie di galatei per signorine (L’arte di farsi amare dal marito. Consigli alle giovani spose, 1889; Come devo comportarmi?: libro per tutti, 1897)(*4). Sempre incoraggia le lettrici a ragionare bene su fidanzamenti e matrimoni, a sopportare il nubilato, a ipotizzare vite alternative al destino di amore e maternità(*5).
E perfino la tradizionale figura dell’ “angelo del focolare” viene pensata in modo moderno in Voce Materna: consigli ed esempi alle madri e alle giovanette (1903): per l’autrice la donna, un vero e proprio angelo consolatore, sarebbe un medico di eccellenza. Le donne malate, ad esempio, non avrebbero segreti con la medico donna. Quanti pudori invece con il medico uomo! Purtroppo Anna Vertua è consapevole che le "medichesse", ancor prima delle malattie, affrontano un male molto grande: il pregiudizio(*6). Figlia di un tempo conservatore in “materia femminile”, Anna Vertua spinge comunque le giovani italiane a una maggiore presa di coscienza del proprio ruolo dentro e fuori casa. Sempre con realismo e prudenza.
Così, ad esempio, sconsiglia il mestiere della scrittrice. Meglio che resti un passatempo, un’attività accessoria ai doveri della famiglia. Non è facile infatti mantenersi con la letteratura. Anna Vertua lo sa bene: dopo la morte del marito e del figlio, continua a fare la scrittrice, ma vive in grandi difficoltà economiche. Certo, diventa una prolifica e famosa professionista. Ma una vita sotto il segno dell’arte è caratterizzata da feroci manifestazioni di struggle for life. Perciò è davvero sconsigliata alle fanciulle(*7).
1- A. Cerizza, Vertua Gentile, Anna, in "Dizionario Biografico degli Italiani", vol. 99, 2020, online: Treccani.
2- Ibid.
3- G.E. Popoff, Vertua Gentile, Anna, in "Italian Women Writers", 2005, online: https://www.lib.uchicago.edu.
4- M. De Giorgio,Vertua Gentile Anna, in "150 anni", online: 150 anni.
5- Ibid.
6- A.V.Gentile, Voce Materna, Milano, Hoepli, 1903, pp. 365-366.
7- De Giorgio, Vertua Gentile Anna,cit.
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Fonte immagine - Gardner Erle Stanley, in "Temecula Valley Museum", online: Temeculavalleymuseum.org
Nel 1933, con Perry Mason e le zampe di velluto, Erle Stanley Gardner inventa l’avvocato più famoso della storia della letteratura. Avvocato lui stesso, Gardner scrive più di cento opere da un milione di copie ciascuna, ed è l’autore più venduto del suo tempo in America.(*1).
In origine Gardner non ha un buon rapporto con la legge: viene cacciato dal college per una rissa e fa il promoter di incontri illegali(*2).. Poi diventa dattilografo in uno studio legale e si appassiona a una materia che, all’epoca, richiede pratica, non studio(*3). Così diventa avvocato praticante e, infine, ottiene l’abilitazione. Ma si mantiene a stento, con la difesa di clienti cinesi (conosce infatti la lingua) e di altre minoranze. Intanto, nei primi anni Venti, scrive storie per i pulp fiction magazines sotto pseudonimo per mantenersi(*4). Ma presto ci prende gusto e decide che la scrittura deve essere il suo unico mestiere.
La fortuna arriva con Perry Mason, che compare più di 80 volte tra romanzi e racconti(*5), e diventa presto anche un’icona della TV e del cinema. Perry Mason assomiglia molto al suo autore: è un avvocato combattivo, con un forte senso della giustizia. Aiuta per lo più individui difficili, accusati ingiustamente, in condizioni svantaggiate(*6). Alla fine, il reale colpevole confessa e tutto va a posto(*7). Da sempre interessato alle condizioni dei detenuti, nel 1948 Gardner fonda l'organizzazione privata "The Court of Last Resort", per aiutare le vittime di errori giudiziari e, quando possibile, riaprire casi chiusi(*8).
1- Erle Stanley Gardner,in "Encyclopedia Britannica" , online: Encyclopedia Britannica.
2- J.C. Hopwood, Erle Stanley Gardner biography, in "IMDb", online: IMBD.
3- Ibid.
4-Ibid.
5- M. Augustoni, Perry Mason: la storia del personaggio dai libri alla nuova serie tv, in "Spettacolo, Skytg24", 4 settembre 2020, online:Tg24.sky.it.
6- Ibid.
7- Ibid.
8- Erle Stanley Gardner, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", online:Wikipedia.
Fonte immagine - Carolina Invernizio, in "Letteratura dimenticata", online : Letteraturadimenticata.it.
“Onesta gallina della nostra letteratura popolare”(*1), “conigliesca creatrice di mondi”(*2), “carolina di servizio”(*3): così viene definita da numerosi critici la “casalinga di Voghera”, cioè Carolina Invernizio, nata appunto a Voghera nel 1851. Così la critica ha liquidato l’entusiasmo delle lettrici (e di qualche lettore, tra cui l’illustre ministro Giovanni Giolitti) per questa scrittrice assai prolifica(*3). Carolina Invernizio scrive più di 130 romanzi, pubblicati tutti con Salani. Già il primo libro, Rina o L'angelo delle Alpi (1887), vende 150.000 copie. Un’enormità per l’epoca, in un’Italia ancora in gran parte analfabeta(*4).
Borghese e agiata, Carolina Invernizio compie studi magistrali, si sposa, ha una figlia. Unico vezzo, scoperto di recente: posticipare la data di nascita di sette anni, per sembrare più giovane(*6). La passione per la scrittura nasce tra i banchi di scuola, dove rischia l’espulsione per un primo racconto, ritenuto scabroso. Da subito, dunque, la Invernizio esce dai canoni del romanzo rosa, spazia nei generi non femminili del gotico e del poliziesco, propone titoli particolari: Il bacio di una morta (1886), Il treno della morte (1905), L’impiccato delle cascine (1906)(*7). Così conquista il grande pubblico e viene tradotta anche in armeno, cinese e tagalog(*8).
Quali sono gli elementi del successo? Una prosa semplice, la tradizione del romanzo d’appendice e alcuni contenuti realistici, scomodi da raccontare: delitti, colpe e peccati, narrati con gusto erotico e/o macabro. Messa all’indice dalla Chiesa, bandita dalle biblioteche delle signorine per bene (come ricorda la marchesa Plattis, alias Jolanda, sulla rivista «Cordelia»)(*9), la Invernizio piace perché racconta l’eterna lotta tra il bene e il male, la fanciulla e il seduttore, l’uomo onesto e la donna fatale, con precisione realistica e psicologica(*10).
Infatti, spesso, dietro al racconto di un delitto ci sono la realtà dei fatti e la cronaca giornalistica letta con passione dal pubblico di fine Ottocento. E dietro l’happy ending c’è una morale borghese che nasconde desideri inconfessati o repressi, accomoda frustrazioni e morbosità, veicola pregiudizi e ipocrisie che appartengono a lettrici (e lettori) del tempo(*11). Intanto, il male sconfitto, i virtuosi premiati e i misteri risolti(*12) garantiscono una letteratura consolatoria che rielabora le atmosfere cupe e cruente delle fiabe e il sentimentalismo del romanzo d’appendice.
Last but not least: è importante è sottolineare che la Invernizio concentra la trama intorno a figure femminili, vere e proprie eroine(*13) che lasciano gli uomini al margine. A questo proposito si è parlato di un “matriarcato narrativo”(*14) in cui le donne proteggono con forza lo spazio domestico e familiare per assicurare l’ordine e, addirittura, la salvezza.
1-Carolina Invernizio, in "Wikipedia, L'enciclopedia libera", online: Wikipedia.
2- Levi,Carolina Invernizio, in"Letteratura dimenticata", online: Letteratura dimenticata.
3- M. Giocondi, M. Mancini, Scrittrici alla riscossa: Carolina Invernizio, 11 novembre 2018, in “Marioxmancin.medium.com”, online: Marcioxmancini.medium.com.
4- Analfabetismo in Italia dal 1861 al 1991, online: Bibliolab.it.
5 - Giocondi, Mancini, Scrittrici alla riscossa, cit.
6 - Ibid.
7 - D. Quirico, Carolina Invernizio, dissepolta e viva, 28 novembre 2016, in "La Stampa", online: La Stampa.
8 - V. Arnaldi, Carolina Invernizio : la rivincita della prima giallista italiana dimenticata, 13 giugno 2020, in "Il Messaggero", online:Il Messaggero.
9 - Levi, Carolina Invernizio, cit.
10 - G. Zaccaria, Invernizio Carolina, in "Dizionario Biografico degli Italiani", volume 62, 2004, online: Treccani.
11- - Ibid.
12- P. Violi, Breve storia della letteratura rosa, Perugia, Graphe.it, pp. 14-15.
13- E. Roccella, Carolina Invernizio,in "150 anni" online: 150 anni.
14 - Ibid.
Fonte immagine - Don Massimiliano Mazzel, online in: Canezei.com
I casi di donne indipendenti qui presentati sono rare eccezioni in un’epoca non particolarmente benevola con il genere femminile. Tra le tante opere di Liala e dei fratelli Delly, spuntano anche i libri di Don Massimiliano Mazzel, sacerdote trentino ricordato per importanti studi sul ladino e per la cura delle comunità ladine. Egli è anche autore di una serie di manuali sul comportamento femminile che oggi paiono anacronistici.
Con titoli come Amore e gioia (1944), Boccioli in fiore (1946), Amore di sposa (1950), d. Mazzel guida le giovani attraverso l’adolescenza, il matrimonio, la maternità e persino la vedovanza, insegnando ad affrontare le difficoltà della vita. Le opere vengono pubblicate dal 1946 al 1954 e non è facile ricostruirne il successo tra le lettrici. Vanno comunque ricordate perché rappresentano un’altra parte della realtà femminile del tempo. Ogni lettore/lettrice può commentarle tra sé.
In Boccioli in Fiore si legge una sezione dedicata ai buoni libri da scegliere per non farsi traviare moralmente dalla cattiva letteratura. D. Mazzel apre il capitolo con la storia di una ragazza che ha letto libri decisamente sbagliati per lei:
Era une bella giovane, intelligente e sana, maestra di professione. Orfana, modesta e pia di carattere, aveva trovato un posto in campagna e si dedicava con passione alla sua professione. Un giorno fece la conoscenza di un signore «assai colto» e che aveva letto molto. Egli le portò libri di differenti specie: fra i quali alcuni scritti da autori senza fede. Dapprincipio essa rimase stupita e disgustata dalle strane teorie; la sua anima, pura sino allora, ne fu turbata e ad un tratto si annunciarono in lei degli istinti ribelli che non aveva mai conosciuto. L’istruito signore le disse che quella era la vita vera, che ella aveva «il diritto di vivere». E la misera abboccò all’àmo. In poco tempo perdette completamente la sua fede, e poi l’uomo la tirò in un tale abisso di male, che ella giunse ad uccidere con le sue stesse mani la creatura ch’era nata da questa relazione illecita. […] Dovette lasciare il posto, fu abbandonata dal suo seduttore, e si ridusse a condurre una vita di stenti. Finché una notte fu trovata sola, abbandonata da tutti, senza casa e senza pane, fu trasportata all’ospedale. Là trovò una buona infermiera e un buon sacerdote, che l’aiutarono a riabilitarsi; visse ancora qualche anno espiando e piangendo amaramente il suo fallo.(*1)
In Amore e gioia tratta invece del fenomeno del flirt, ovviamente dannoso per le ragazze, perché non porta al matrimonio.
Il flirt è assai dannoso alla vita e alla formazione spirituale della giovane: una ragazza che non ha imparato a dominare i suoi sentimenti secondo le leggi del buon costume, non conoscerà più limiti di storta. È vero che molte donne flirtano soltanto per civetteria e ambizione, senza intenzione di eccitare la passione. Con abbigliamenti sconvenienti, con conversazioni ardite ed atteggiamenti sguaiati eccitano, più di quando essere credano, la passione latente in ogni essere umano(*2).
In Amore di sposa invece d. Mazzel descrive la moglie ideale:
Se sei stata una buona figliola, non avrai certamente trovato pesante il giogo dell’ubbidienza ai genitori; e se sei una buona sposa neppure troverai pesante quello dell’ubbidienza a tuo marito. Se poi non fossi stata una buona ragazza, e non fossi ora una buona moglie saresti fuori dall’ordine e sarebbe tuo dovere fare di tutto per rientrarvi. La sottomissione al marito è poi un gioco leggero perché, come tutti gli altri doveri, è un derivato da quello dell’amore, che deve essere docile e ubbidiente. Ora ciò che è imposto dall’amore è sempre leggero, è sempre dolce e soave(*3).
D. Mazzel tratta anche la violenza domestica: non ha senso ribellarsi ad un marito brutale, perché ciò non rende tollerabile l'aggressività. In nome della pace domestica conviene assecondare il coniuge, rabbonirlo, “addomesticarlo”:(*4).
Quindi, anche se la sottomissione non ti fosse comandata da Dio come un dovere, tu dovresti, dato il carattere di tuo marito, adottarla spontaneamente per amore della pace, come un minor male. Invece, essendo essa un dovere, tu ne hai maggior merito presso Dio; e inoltre ne ritrai il conforto di avere compiuta la volontà di Lui, [..] e di aver acquistato una specie di diritto alla sua grazia che ti conforta in questa vita, e alla sua giustizia che ti premia nell’altra(*5).
1- M. Mazzel, Boccioli in fiore : istruzioni per signorine, Milano, Paoline, 1955, pp. 212-213.
2- M. Mazzel, Amore e gioia: istruzioni per signorine, Milano, Paoline, 1955, p. 163.
3- M. Mazzel, Amore di sposa: istruzioni per spose, Milano, Paoline, 1954, p. 33.
4- Ivi, p. 34.
5- Ivi, p. 35.
Fonte immagine - Mura (scrittrice), in "Wikipedia, l'Enciclopedia libera", online: Wikipedia.
Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri, detta più semplicemente Mura, è una donna trasgressiva. A cominciare dalla scelta dello pseudonimo, che ricorda la contessa russa Maria Tarnowska (1877-1949), coinvolta nell’omicidio dell’amante(*1). La Mura bolognese crea scandalo senza crimini; solo con romanzi rosa provocatori e conturbanti, sulle orme di Carolina Invernizio. Il presupposto è che il principe si innamora di Cenerentola perché la fanciulla è bella, non gentile e ubbidiente. Con gli uomini, infatti, insegna Mura, bisogna essere seducenti e libere dal punto di vista emotivo(*2). Altro che buon cuore! Come Liala (acerrima rivale), Mura compie scelte particolari che spesso racconta nei romanzi: non si sposa, vive passioni e trasgressioni, e colleziona amanti, anche più giovani di lei.
Nel romanzo Perfidie (1919) Mura parla di un amore saffico, anche se la storia si conclude (come prevedibile) con un ritorno all’ordine, cioè con l’attesa dell’amore di un uomo: è l’eccezione che conferma la regola. La deviazione dal tracciato può essere soltanto temporanea. Ma le scelte letterarie anticonformiste proseguono: nel 1930 Mura pubblica sulla rivista “Lidel” un racconto intitolato Niôminkas, amore negro, che diventa poi romanzo del 1934: Sambadù, amore negro. Qui Mura racconta la storia della giovane Silvia Dàino, vedova senza figli di un uomo ultrasessantenne che si innamora di Sambadù, un ingegnere nato in Africa occidentale e cresciuto in Italia(*3). Nel racconto la vicenda termina con il matrimonio; nel romanzo la trama è differente. In seguito alla gravidanza di Silvia, il colto ed europeo Sambadù regredisce e diventa violento (*4) (secondo lo stereotipo razziale dell’epoca). La coppia divorzia dopo la nascita del figlio e Sambadù ritorna in Africa: l’ordine è ristabilito, non è possibile conciliare i due mondi, specie con il fascismo al potere e l’Italia alla vigilia della guerra in Abissinia.
Ma Mura non rinuncia del tutto alle scelte coraggiose(*5). Silvia resta una donna particolare: prima sposa un africano per amore, poi vuole la separazione e, infine, decide di tenere il figlio, contro la volontà dell'(ex) marito(*6). Insomma, la ribelle Silvia non accetta di vivere con un marito possessivo che vuole controllare da solo la vita coniugale. Ecco la sfida alla morale familiare del fascismo.
Quante altre donne, nella vita e nella letteratura italiana del tempo, hanno seguito le sue tracce?
1- P. Violi, Breve storia della letteratura rosa, Perugia, Graphe.it, 2020, p. 21.
2- Ivi, p. 22.
3- R. Raineri, Verde bianco e rosa. Il romanzo ‘femminile’ e l’educazione sentimentale delle italiane (1911-1946), Tesi di dottorato, Università degli studi di Palermo, Ciclo XXXI, a.a. 2018/2019, p. 165.
4- U. Åkerström, Sambadù, amore negro di Mura. Censura fascista e sfida alla morale nell’Italia di Mussolini, 2018, in Romance Studies, vol.36, n.3, p. 105, online: Tandofonline.com..
5- Ibid.
6- V. Palumbo, Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri detta Mura, in “Enciclopedia delle donne”, online: Enclicopediadelledonne.it.
Fonte immagine - Rafael Sabatini, online: Junglekey.it.
Una vita da girovago quella di Sabatini: nasce a Jesi in provincia di Ancona da padre italiano e madre inglese, entrambi cantanti d’opera; passa la giovinezza tra Inghilterra, Svizzera e Portogallo. La passione per la scrittura nasce a Zurigo: tra i banchi di scuola inventa le prime storie in francese(*1). Conosce bene italiano, inglese, francese e altre lingue straniere; ma scrive i suoi romanzi in inglese, convinto che «le migliori storie sono scritte in inglese»(*2).
Prima commerciante, poi prolifico scrittore a tempo pieno che pubblica un libro all’anno(*3). Autore di fiction avventurose di terra e mare, Sabatini si lancia nel feuilleton storico, al tempo stesso preciso (anche grazie alla conoscenza delle lingue attinge a fonti diversissime)(*4) e fantasioso: spadaccini, corsari ed eroi sono i personaggi preferiti, soprattutto se inseriti in eventi storici marginali e bizzarri che solo la narrazione letteraria rende memorabili(*5). Le lame s’incrociano per riparare torti, vendicare offese, difendere l’onore, vincere o morire e, soprattutto, per salvare fanciulle in pericolo.
Trame avvincenti, personaggi a forti tinte, effetti speciali: pare di stare al cinema. D’altronde siamo agli inizi del Novecento: il primo romanzo, The lovers of Yvonne, esce nel 1902 (I pretendenti d’Yvonne, Sonzogno 1940). Proprio negli anni in cui il regista Georges Méliès dà inizio alla civiltà dell’immagine (e al proposito conviene vedere Hugo Cabret (2011) di Martin Scorsese)(*6).
1- A Long Distance Interview with "Our Modern Dumas", online in Rafaelsabatini.com.
2- P. Alberti, Rafael Sabatini, in "Liber liber" online: Liber Liber.
3- J.F. Knight, The last of the Great Swashbucklers, online: Rafaelsabatini.com.
4- Alberti, Rafael Sabatini, cit.
5- D. Gabutti, Rafael Sabatini, il Salgari di Jesi re dei bestseller, 19 gennaio 2014, in "Corriere della Sera Sette", online: Corriere della sera.
6- Ibid.
Fonte immagine - Liala (Amalia Liana Negretti Odescalchi), online: 150anni.it.
Qualche volta anche i grandi bestseller vengono dimenticati. Così è successo per la produzione di Liana Cambiasi Negretti Odelscalchi; Liala per gli amici e anzitutto per Gabriele D’Annunzio, che ha inventato lo pseudonimo e apprezzato una scrittrice che, come lui, ama l’aviazione.
Il primo romanzo, Signorsì (1931, è un enorme successo e racconta una storia appassionante, coinvolgente, e soprattutto vera: la sua(*1). A ventidue anni Liala sposa un marchese quarantenne, Pompeo Cambiasi, che spesso la lascia sola. Giovane, bella e affascinante, si innamora di un altro marchese, Vittorio Centurione Scotto, giovane pilota di idrovolanti. Decide di abbandonare marito e figlia, prepara le carte per il divorzio, ma Vittorio muore durante un allenamento. Il marito la perdona (anche se il divorzio è solo rimandato), ma Liala è disperata(*2). Unica consolazione la scrittura: così inizia una lunghissima e prospera carriera. I primi romanzi sono ambientati nel mondo dell’Aeronautica Militare, tra amore, avventura e aitanti eroi dai tratti superomistici.
Così la vita di Liala diventa la base delle storie con cui fa sognare le donne italiane. Nessuna può certo abbandonare la famiglia per amore (l’adulterio femminile è reato e il divorzio illegale). Tutte però possono fantasticare la felicità in nome dell’amore. Intanto le rubriche di Liala su rivista ("Confidenze") (*3) sono seguitissime, i libri vanno a ruba, e i suoi suggerimenti diventano moda: le donne imparano come comportarsi e curare il proprio aspetto, come vivere l’amore ed essere di classe. Giustamente Liala dichiara che le tonnellate di sapone presenti nei suoi libri hanno insegnato a molte donne l’importanza dell’igiene personale(*4).
Certamente, le donne dei romanzi di Liala si piacciono, si guardano allo specchio perché sono belle e, soprattutto, lo sanno. E questa consapevolezza le aiuta ad affrontare la vita in modo realistico(*5): bisogna ingegnarsi per sopravvivere in circostanze spesso difficili, adattarsi al matrimonio che garantisce vantaggi sociali ed economici, cercare di essere belle e mai smettere di sognare(*6).
1- P. Violi, Breve storia della letteratura rosa, Perugia, Graphe.it, 2020, p. 23.
2- M. Giocondi,Bestseller del passato: Liala, la regina dei libri d'evasione, 10 dicembre 2018, in "First online", online: Firtstonline.info.
3- Confidenze, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", online Wikipedia.
4- Violi, Breve storia della letteratura rosa,cit., p. 30.
5- E. Roccella, Liala (Amalia Liana Negretti Odescalchi), in “150 anni”, online: 150 anni.
6- Violi, Breve storia della letteratura rosa, cit., p. 31.
Fonte immagine - A. Treves, Quando la tv erano i libri di Emilio Salgari, 14 gennaio 2018, in "La Stampa", online: Lastampa.it.
Salgari nasce nel 1862 a Verona. Fin da ragazzino sviluppa una passione per i viaggi, alimentata da narrativa di avventura, riviste di viaggio e atlanti geografici(*1); per questo, ancora ragazzo, lascia gli studi per entrare all’Istituto nautico di Venezia e diventare capitano(*2); purtroppo non riesce a diplomarsi. Tornato a Verona nel 1882 prova diversi lavori senza successo e alla fine tenta la carriera giornalistica. Così, piano piano, nasce lo scrittore: Salgari si occupa di politica estera e conflitti internazionali e scopre territori esotici ed affascinanti (dall’Egitto al Tonkino) grazie a documenti, editoriali e articoli che narrano le tensioni di quelle zone(*3).
Intanto la realtà dei fatti, la professione e un ampio studio della politica e della geografia mondiale riempiono l’immaginario di Salgari in anni presto funestati da una terribile serie di lutti e disgrazie: la morte della madre nel 1887, il suicidio del padre nel 1889 (a causa di una supposta malattia incurabile), l’internamento dell’amata moglie in manicomio (*4). A quel punto Salgari inizia a lavorare a ritmi frenetici per produrre sempre più libri e mantenere la famiglia. Il successo arriva, anche grazie all’editore Antonio Donath, responsabile delle sgargianti copertine realizzate da illustratori eccezionali come Alberto Della Valle(*5). Le opere di autore e illustratore sono interamente frutto dell’immaginazione: in cucina o in salotto, Della Valle scatta fotografie con Salgari o i suoi figli come modelli e un’ambientazione allestita con poco (*6). Eppure pare di essere in Malesia o comunque all’altro capo del mondo.
Nonostante la fama e l’amore di lettori, la vita dello scrittore continua a essere triste. Sommerso dai debiti, lavora giorno e notte, fuma più di cento sigarette al giorno, per produrre tre o quattro libri all’anno(*7). Alla fine, stremato dalla miseria, dai lutti e dalla paura di non riuscire a mantenere i figli, si suicida facendo harakiri, alla maniera dei samurai giapponesi(*8), come un personaggio dei suoi libri. Il primo autore italiano di bestseller, ancora oggi letto e pubblicato, muore così dimenticato e ignorato dal grande mondo letterario.
1- C.Gallo, G. Bonomi, Emilio Salgari, in "Dizionario Biografico degli Italiani", vol.89, 2017, online:Treccani.
2- Ibid.
3- Ibid.
4- Ibid.
5- E. Biloni, Emilio Salgari, il maestro dei romanzi d'avventura, 2 settembre 2021, in “Storica National Geographic”, online: Storicang.it.
6- Ibid.
7-Redazione Youmanist,Emilio Salgari, 110 anni di avventure e di viaggi su carta, 3 maggio 2021, online: Youmanist.it.
8- Biloni, Emilio Salgari, il maestro dei romanzi d'avventura, cit.
Fonte immagine - A. Bollino, Manichea, reazionaria, divertente. Orczy ipnotizza, in "LuciaLibri", online: Lucialibri.it.
Come fa una piccola nobile della campagna ungherese a diventare l’antesignana di personaggi come James Bond? Emma Orczy nasce a Tarna-Örs in Ungheria, figlia di un noto compositore e di una contessa(*1). La famiglia si trasferisce temporaneamente a Bruxelles per poi approdare in Inghilterra, dove la giovane Emma, appassionata di arti, tenta la carriera musicale sulle orme paterne, senza però dimostrare particolare talento(*2). Tenta allora la scuola d’arte dove conosce il futuro marito, con cui sarà felicemente unita per quasi mezzo secolo. La baronessa non è particolarmente talentuosa nel disegno, anche se, proprio insieme al marito, scopre il suo vero talento: la scrittura.
I novelli coniugi iniziano a scrivere libri e pubblicare racconti in rivista; l’interessa della Orczy per il mistero nasce anche dall’osservazione del vero crimine londinese: il corpo di una donna morta era stato trovato di fronte alla loro casa e si presumeva fosse una vittima di un famoso omicida che terrorizzava Londra in quegli anni(*3). Il successo arriva però con l’opera La primula rossa, che nasce come opera teatrale e che solo in seguito diventa romanzo.
Il romanzo della Orczy dà vita ad un personaggio che noi moderni conosciamo bene: l’eroe celato sotto un’identità segreta, amante del travestimento e abilissimo spadaccino, che appone la sua firma lasciando un biglietto con una primula, e che sconfigge i suoi avversari per mezzo del suo grande ingegno(*4). Di giorno questo eroe che salva i nobili dalla ghigliottina si nasconde sotto la figura del nobile inglese sir Percy Blakeney, un damerino incipriato e non troppo intelligente. L’unica cosa che oggi potrebbe stonare nelle orecchie di un lettore è che la Orczy ha deciso di mettere il suo eroe a servizio dei potenti e non dei deboli, cioè dei rivoluzionari. Le sue simpatie erano dirette alla nobiltà francese, mentre rimaneva sempre sospettosa nei confronti delle classi sociali basse. Forse perché durante la sua infanzia la famiglia dovette lasciare i loro terreni a causa della paura di una rivoluzione da parte dei contadini? Non si sa. Comunque sia, la Orczy e il marito hanno creato un personaggio che è sopravvissuto per quasi un secolo, evolvendosi negli eroi della Marvel, in Zorro e Batman.
1- P. Liukkonen, A. Pesonen, Baroness Emmuska Orczy, 2008, in “Readcentral.com”, online:Readcentral.com.
2- Ibid.
3- Ibid.
4- B.J Robb, A Brief History of Superheroes: from superman to the Avengers, the evolution of comic book legends, London, Robinson, 2014, p.120.
Fonte immagine - S.Fortunato, Giorgio Scerbanenco, il padre del noir italiano scriveva gialli e rosa, 23 luglio 2019, in "La bottega di Hamlin", online: Labottegadihamlin.it.
Nato sotto il segno della duplicità, Scerbanenco è sempre sé stesso e altro da sé. Per l’anagrafe il suo nome è Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko(*1), nato a Kiev da un professore di lingue classiche ucraino e una donna italiana. Trascorre l’infanzia a Roma con la madre e i parenti di lei, mentre il padre rimane a Kiev per insegnare; nel 1919, a Rivoluzione in corso, la madre non ha notizie del marito e perciò compie un viaggio (terribile) in Ucraina, con il figlio. Purtroppo l’uomo è morto durante i tumulti(*2). Dopo anni e peripezie, la madre e il sedicenne Giorgio si trasferiscono a Milano, nella speranza di un futuro migliore. Ma presto la donna muore e, povero e poco istruito(*3), Giorgio fa diversi lavori. Nel 1930, anche per garantirsi una vita più facile sotto il fascismo, adotta la versione italianizzata del suo nome(*4).
Vero e proprio autodidatta, Scerbanenco inizia una carriera nell’editoria, lavorando per le riviste femminili. Sotto pseudonimo, risponde alla posta delle lettrici di "Grazia"(*5) e in seguito cura anche alcune rubriche in "Novella"(*6). Scrive intanto qualche romanzo rosa, anche se il genere a cui deve fortuna è il noir. I toni dei romanzi di Scerbanenco sono particolari, soprattutto per la visione cinica e cupa del reale, maturata in anni di attività giornalistica. Una Milano difficile, quasi “americana”, in subbuglio per il boom economico fa da sfondo a finzioni che ricordano reali fatti di cronaca nera(*7).
Il successo arriva con la fortunata serie di Duca Lamberti, un giovane medico radiato dall'Ordine e condannato al carcere per aver praticato l'eutanasia a una vecchia signora, malata terminale (situazione dibattuta ancora oggi)(*8). Ma il coraggioso Lamberti non è il primo personaggio particolare. Scerbanenco si fa conoscere con Arthur Jelling, antieroe con i fiocchi: educato, timidissimo, metodico. Studente di medicina fino a venticinque anni, poi marito abitudinario, e infine impiegato a catalogare interrogatori, elenchi di referti e stesure di alibi. Un unico guizzo nella sua vita mediocre: aver scoperto l’autore di un celebre delitto(*9). Insomma, un investigatore quasi per caso.
1- V.Cecchetti, Scerbanenco Giorgio, in "Dizionario Biografico degli Italiani", Vol.91, 2018, online: Treccani.
2- C. Scerbanenco, Il fabbricante di storie: vita di Giorgio Scerbanenco, Milano, La Nave di Teseo, 2018, p. 23.
3- Giorgio Scerbanenco, in ""Wikipedia, l'enciclopedia libera", online: Wikipedia.
4- Scerbanenco, Il fabbricante di storie, cit., p. 30.
5- Ibid.
6- Cecchetti, Scerbanenco Giorgio, cit.
Fonte immagine - Barbara Cartland, online: Napster.com
Vera e propria queen del romanzo rosa, Barbara Cartland è una donna vistosa, vestita di chiffon rosa, truccata, mondana e affascinante. Divorziata e piuttosto inquieta nel privato(*1), racconta storie d’amore assoluto, avventuroso e puro, in 723 romanzi. Nel 1977 finisce perfino nel Guinness World Records per il numero di pubblicazioni in un anno. Resta una delle firme più lette di tutti i tempi, con circa un miliardo di copie vendute, un poco come Shakespeare o Agatha Christie.
La Cartland inizia la carriera, a circa 22 anni, come editorialista di gossip. Presto pubblica il primo romanzo, Jigsaw (1925), un thriller con qualche elemento erotico, che diviene subito bestseller; da quel momento non si ferma più. Dopo un esordio letterario trasgressivo, sceglie contenuti più tranquilli, romantici e perbene, addirittura stucchevoli per lettori e lettrici di oggi. Il fondamento dei suoi romanzi è la ricerca dell’amore(*2), che può avvenire in contesti lontani, nel tempo o nello spazio. L’importante è garantire il comfort del lieto fine perché lettrici e lettori cercano emozioni e sentimenti e non amano il realismo degli appartamenti infestati da scarafaggi(*3).
Quanto alle protagoniste, sono belle, ingenue, immature, hanno corpi infantili e poco pronunciati, e restano pure e vergini fino al matrimonio. Gli uomini, invece, hanno corpi muscolosi e scattanti, sono misteriosi e capaci di salvare le fanciulle dal tremendo destino che incombe(*4). Lei e lui si incontrano, si innamorano e per circa 150 pagine la vita va male; ma alla fine tutto si risolve: i protagonisti si sposano e finalmente possono godersi l’amore, anche fisico(*5).
Forse proprio la semplicità e la ripetitività delle trame sono i segreti del successo della Cartland: ancora prima di aprire il libro, infatti, le lettrici sanno che tutto finisce bene. Perfino il bad boy (che oggi potrebbe chiamarsi Christian Grey o Hardin) si redime e diventa un marito docile, rispettoso e amorevole. Trame del secolo scorso? certamente sì, ma che dire di una serie tv come Bridgerton?
1 - Barbara Cartland, in "Wikipedia, the free encyclopedia", online: Wikipedia.
2- P. Violi, Breve storia della letteratura rosa, Perugia, Graphe.it, 2020, p. 27.
3- S. Brampton,From the Observer archive, 23 January 1983: the colourful views of Barbara Cartland, (1.ed. 23 gennaio 1983), 20 gennaio 2013 in "The Guardian", online: The Guardian.
4- Violi, Breve storia della letteratura rosa,cit., p.28.
5- I. McCorquodale:My mother, Barbara Cartland, and her world of old-fashioned Romance, in "Historyradio.org", online: Historyradio.org.
Fonte immagine: P.G. Wodehouse, in "Encyclopaedia Britannica", online: Encyclopaedia Britannica.
Pelham Grenville Wodehouse: un gentiluomo fuori dal mondo che prende la vita dal lato umoristico. Nasce nel 1881 a Guildford e passa la giovinezza tra college e tutori severi, in seguito personaggi dei suoi romanzi(*1). Lavora come banchiere, e intanto riconosce una vocazione alla scrittura. Nel tempo libero si dedica alle cosiddette school stories(*2), ma merita successo con le narrazioni umoristiche(*3).
In particolare, il ragionevole maggiordomo Jeeves e lo svampito gentiluomo britannico dell’upper class Bertram “Bertie” Wooster(*4) diventano la coppia vincente della produzione di Wodehouse. Circondati da una rosa di personaggi comici, Jeeves e Bertie sbrogliano qui-pro-quo e affrontano bizzarre avventure a Brinkley Court, la residenza dei Wooster, che ospita una vera e propria saga(*5).
A ben vedere, l’assurdità delle vicende – presente in tutte le opere di Wodehouse – segna anche la vita dell’autore. Forse con leggerezza, nel 1941, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, Wodehouse di stabilisce nella residenza estiva di Le Toquet, in Francia, dove viene presto catturato dall’esercito tedesco (in quanto cittadino inglese), e imprigionato(*6). Wodehouse non si dispera. Così, su richiesta dei nazisti, manda in onda diverse trasmissioni radio da Berlino per raccontare in tono umoristico la sua esperienza di internato. Questa attività viene vista male degli inglesi che, dopo la fine della guerra, lo accusano di tradimento e collaborazione con i tedeschi(*7). Assolto dalle accuse, perde comunque fiducia e reputazione tanto che, nel 1947, si trasferisce negli Stati Uniti senza più ritornare in Inghilterra (*8). Come atto di riparazione, nel 1975, la regina Elisabetta concede allo scrittore ultranovantenne il titolo di cavaliere. Wodehouse muore il mese successivo per un attacco cardiaco(*9).
1- John, The Comedic Stylings of P.G. Wodehouse, 5 febbraio 2020, in "Central Rappahannock Regional Library": Librarypoint.org.
2- P. G. Wodehouse, in "Wikipedia l’Enciclopedia libera", online: Wikipedia.
3- Wodehouse, Pelham Grenville, in "Treccani", online: Treccani.
4- Jeeves, in "Treccani", online Treccani
5- N. Ajello : Jeeves, la gloria di un maggiordomo, 2 luglio 2005, in "La Repubblica", online: Repubblica.
7- S. Morosi, P. Rastelli, Radio e (troppo) umorismo: così Jeeves divenne un traditore, 15 agosto 2017, in "Corriere della Sera", online: Corriere della sera.
7- Ibid.
8- John, The Comedic Stylings of P.G. Wodehouse, cit.
9- P.G. Wodehouse, in "Wikipedia, l'Enciclopedia libera", cit.
Jeanne-Marie Petitjean De La Rosière(1875-1947) / Frédéric Petitjean De La Rosière (1876-1949)
Immagine a cura di Lea Ciancitto
Sotto lo pseudonimo Delly si celano Jeanne-Marie Petitjean De La Rosière (1875-1947) e il fratello Frédéric (1876-1949)(*1) che, nella Francia del primo Novecento, riscuotono un notevole successo con romanzi rosa dalle trame sognanti, quasi fiabesche.
La prima a scrivere è la giovane Jeanne-Marie che, ancora ragazzina, tiene nascosto un libricino nero dove deposita le invenzioni d’amore. La madre, preoccupata per il carattere introverso della figlia, fruga tra le sue cose, trova il quaderno e lo consegna al fratello(*2). Entusiasta delle storie della sorella, Frédéric le invia a un editore: così i racconti di Jeanne-Marie iniziano a essere pubblicati su “Noël”, una rivista francese per signorine. Nel 1914 Frédéric viene chiamato al fronte: torna invalido, su una sedia a rotelle(*3). Iniziano allora a scrivere a quattro mani libri che faranno sognare intere generazioni di fanciulle, incuriosite anche dall’identità nascosta dietro il misterioso pseudonimo. I due fratelli, intanto, vivono un'esistenza placida e aliena da grandi attività, tra celibato e reclusione volontaria, e assistiti dalla governante Mazière, che si occupa delle incombenze quotidiane, non fanno altro che scrivere(*4). Soltanto nel 1947, dopo la morte di Jeanne-Marie, viene svelata l'identità di Delly(*5).
I romanzi presentano tutti uno stesso copione. Le storie sono ambientate nel passato, e spesso in luoghi esotici e sconosciuti come l’India, la Russia, i deserti del mondo arabo (ma anche Italia e Germania)(*6). Le protagoniste sono di origine ricca e nobile, bellissime e di buon cuore, e solitamente anche orfane(*7). Con i loro lunghi capelli d’oro e gli occhi azzurri come il mare, per qualche ragione diventano sempre povere cadute in disgrazia, e per questo accolte da una famiglia abbiente che però le tratta male(*8). Niente paura: la bontà d'animo fa innamorare un giovane bello e ricco. Queste novelle cenerentole, infatti, incontrano sempe qualche nobile solitario, dal cuore spezzato,(*9) che, alla fine, desidera sposarle (proprio perchè buone, modeste e fortunate).
1- Delly, in "Wikipedia, l’encyclopédie libre", online:Wikipedia.
2- P. Violi, Breve storia della letteratura rosa, Perugia, Graphe.it, 2020, p. 18.
3- Ibid.
4- Ibid.
5- Biblioteca in rosa: consigli di lettura, in "Comune di Noventa Vicentina", online:Comune Noventa Vicentina
6- Y. Baticle, Delly: autopsie du roman rose, in Communication & Langages, 1984, v. 61, p. 75, online: Persee.fr
7- Ivi, p. 75.
8- Ibid.
9- Ivi, p. 76.
Fonte immagine: Pearl S. Buck, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", online: Wikipedia.
Pearl Comfort Sydenstricker nasce nel 1892 in Hillsboro, West Virginia, da genitori missionari presbiteriani, attivi in Cina dal 1880(*1). A cinque mesi Pearl è già in Cina dove cresce immersa in due culture lontane, ma soprattutto a contatto con i bambini e le famiglie locali, da cui apprende lingua e usanze(*2).
Proprio lo sguardo di americana cresciuta in Oriente permette a Pearl di raccontare con efficacia la Cina dei primi anni del ‘900. Così nasce La buona terra, il romanzo che narra i cinque anni passati con il primo marito, John Lossing Buck, in una piccola città della Cina del Nord(*3) e le procura il premio Pulitzer nel 1932 e il Nobel nel 1938 (*4).
Con i suoi libri, ambientati per la maggior parte in Cina, la Buck diviene una donna celebre e autorevole, in letteratura e in politica. Descrive prevaricazioni e abusi commessi dagli Occidentali, criticando spesso le contraddizioni della politica americana. I suoi articoli, pubblicati sul "New York Times" e su riviste a grande diffusione come "Vanity Fair", rivelano un’ intellettuale lucida e convinta dell’importanza della letteratura come strumento di azione politica(*5).
1- Redazione Oscar (a cura di), La parabola di Pearl S. Buck in “Oscar Mondadori”, online: Oscar Mondadori.
2- A Biography of Pearl S. Buck, in “Pearl S. Buck international”, online: Pearlsbuck.org.
3- A Biography of Pearl S. Buck, cit.
4- Redazione Oscar, La parabola di Pearl S. Buck, cit.
5- Ibid.